Vincent Van Gogh, Iris



Claude Monet,
Rue Montorgueil imbandierata


© Roberto Breschi 2003

 

“i fiori non sono che false bandiere”
Edouard J. Maunick, poeta di Mauritius

 
Le bandiere hanno una funzione peculiare, che è quella di comunicare. Qualsiasi cosa: l’appartenenza a una nazione, a uno schieramento o a un partito politico, a un club, a una tifoseria sportiva, o anche uno stato d’animo, un avvertimento, un qualsiasi messaggio. Nel loro insieme, costituiscono una vera e propria lingua internazionale, più realistica dell’esperanto, di comprensione immediata senza bisogno della mediazione della pronuncia e dell’alfabeto (per questo porre iscrizioni su di esse è una scelta incongruente). È pur vero che vengono usate per altri scopi, ad esempio per decorare; personalmente tengo in casa mazzi di bandierine multicolori come se fossero fiori recisi. Le stesse bandiere del codice marittimo di segnalazione, di fronte ai moderni e potenti mezzi di comunicazione, hanno perso gran parte dell’importanza che avevano in passato e oggi sono soprattutto impiegate per pavesare le navi. Ma è un uso improprio, come fare di una sedia legna per scaldarsi anziché usarla per sedersi.

Le bandiere sono anche segnalibri fra le pagine della storia. I grandi cambiamenti epocali, non importa se conseguenza di guerre o rivoluzioni o approdo di pacifica evoluzione, sono sempre stati sottolineati da accentuati mutamenti vessillologici. La rivoluzione francese portò un tricolore a strisce verticali, modello mai visto in precedenza, in tempi in cui, salvo rare eccezioni, la bandiera non era altro che l'insegna del principe. Poco dopo, i sussulti della restaurazione rispolverarono per un po' i consunti vessilli di casata, ma ormai le aste delle bandiere erano passate saldamente nelle mani della gente comune. La cruenta rivoluzione d'ottobre portò nella Russia degli zar gli ideali egualitari e la coscienza dei diritti di chi niente possedeva tranne la propria esistenza, e coprì mezzo mondo di bandiere rosse; ma, alla fine di una parabola durata settan'anni, i popoli dell'Unione Sovietica e dei suoi satelliti, decretarono, in pratica senza spargimento di sangue, l'inadeguatezza e la fine del sistema. I drappi rossi - uniformi e monotoni - rapidamente svanirono e dappertutto fiorirono, spesso in maniera incontrollata, bandiere variopinte con disegni e simboli inusuali, croce e delizia dei vessillologi. Altri emblemi e vessilli, nonostante la nobile origine, restarono legati al ricordo di periodi tragici nella storia di un paese e furono ripudiati dalla società civile; è il caso della svastica che, vittima anch'essa della follia nazista, ha perso ogni connotato positivo della sua antica origine (simbolo solare di vita e benessere) acquisendo senza rimedio un oscuro potere evocativo di sopraffazione e morte.

Questo programma - pur con molti limiti e pecche - avrebbe la pretesa di raccontare la storia di tre secoli di bandiere a terra e sul mare. Il che, per quanto detto, significa tout court "storia di tre secoli". Si giunge ai giorni nostri partendo dal 1700, coprendo per intero il passaggio dal vessillo principesco alla bandiera nazionale. Badando alla precisione del disegno, delle proporzioni, della tonalità dei colori, ma soprattutto osservando l'amore e l'odio che traspaiono dalle bandiere e il bene e il male di cui esse sono oggetto e soggetto al tempo stesso.   
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